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Allenamento femminile: Oltre le mode e i falsi miti

 

Allenamento al Femminile e Mode del Fitness: tra Marketing e Realtà

 

Nel settore del fitness contemporaneo, soprattutto quando si parla di allenamento al femminile, si assiste sempre più spesso a un fenomeno tanto diffuso quanto fuorviante: la promozione di esercizi “di tendenza” da parte di influencer e figure non sempre qualificate, con l’unico obiettivo di attrarre attenzione piuttosto che ottenere risultati concreti. Il marketing, spesso travestito da scienza, sfrutta leve psicologiche e scorciatoie comunicative per vendere sogni, piuttosto che costruire un reale percorso di miglioramento fisico.

Lavorando ogni giorno in un grande centro fitness come Virgin Active a Firenze, vedo continuamente scene che riflettono chiaramente questo fenomeno. Persone che eseguono stacchi a una gamba pur non avendo mai eseguito un corretto stacco tradizionale, oppure ragazze che si concentrano su macchine adduttori e abduttori senza aver mai imparato a squattersi correttamente, o ancora che passano direttamente a slanci ai cavi per i glutei senza aver mai eseguito un hip thrust con carico progressivo.

 

Il muscolo che “brucia” significa che mi sono allenato bene?

 

Una convinzione tanto diffusa quanto errata è che la sensazione di bruciore muscolare (durante o subito dopo l’esercizio) sia un indicatore affidabile della qualità dell’allenamento. In realtà, non è così.

Quando si eseguono esercizi di isolamento come slanci ai cavi per i glutei o si passa tanto tempo sulla macchina degli adduttori (quella “per l’interno coscia”, per intenderci), molte persone percepiscono una forte sensazione di bruciore. Questo bruciore è spesso attribuito – erroneamente – all’efficacia dell’esercizio.
Frasi come “Lo sento bruciare, quindi funziona” o “Così sentirò lavorare solo quella parte” sono all’ordine del giorno.

Ma la realtà è che il bruciore non è un indicatore né di qualità, né di efficacia, né tantomeno di risultato futuro. Esso è semplicemente una risposta metabolica a un determinato tipo di sforzo, che spesso coinvolge l’accumulo locale di metaboliti (come il lattato), una temporanea acidosi tissutale, e il fatto che il muscolo stia lavorando in condizioni di scarsa ossigenazione o di tensione prolungata.
In pratica, può bruciare anche un esercizio completamente inutile.

Il problema è che questo tipo di esercizio viene spesso proposto senza un contesto strutturato, diventando la base dell’allenamento anziché il completamento. Fare slanci per i glutei senza avere la forza per eseguire uno squat corretto o un hip thrust efficace è come voler verniciare una parete prima ancora di averla intonacata: potresti ottenere qualcosa di visibile, ma privo di stabilità, coerenza e risultati concreti.

 

Complementari sì, ma non sostitutivi

 

Gli esercizi che isolano un singolo distretto muscolare, come abductor e adductor machine, kickback, slanci, glute bridge su superfici instabili o con elastici, possono avere senso solo se inseriti all’interno di una programmazione strutturata, come complemento a esercizi multi-articolari fondamentali.

Dal punto di vista tecnico, questi esercizi vengono definiti complementari, e non a caso: il loro ruolo è accessorio, utile per rifinire il lavoro svolto con esercizi di base, ovvero quelli che coinvolgono grandi catene cinetiche, migliorano la coordinazione intermuscolare e stimolano gli adattamenti fisiologici più importanti: squat, stacchi, trazioni, spinte orizzontali e verticali.

 

Il dolore muscolare ritardato (DOMS) non è un parametro di efficacia

 

Un altro mito da sfatare è quello dei DOMS: quel dolore muscolare che si manifesta 24–72 ore dopo un allenamento. Anche questo viene spesso vissuto come una “prova” dell’efficacia del workout. Ma la presenza di DOMS non è in alcun modo correlata al miglioramento della forza, della forma fisica o della composizione corporea.

Infatti, i DOMS possono verificarsi:

  • dopo un esercizio completamente nuovo (a prescindere dalla qualità);

  • dopo esercizi con tecnica scorretta;

  • persino dopo uno sforzo inutile o controproducente.

 

La programmazione efficace è invisibile ai like

 

Il concetto chiave è questo: la buona programmazione non si basa su ciò che si sente, ma su ciò che funziona.
E funziona ciò che:

  • migliora la forza,

  • favorisce la ricomposizione corporea,

  • aumenta la mobilità,

  • corregge compensazioni posturali,

  • e può essere progredito nel tempo.

Questo richiede tempo, metodo, e competenza professionale. Non scorciatoie, né spettacolarizzazione.

 

Il fitness non ha bisogno di nuove mode, ma di vecchi principi applicati bene

 

Più che inseguire l’influencer del momento che propone l’ennesimo workout da 20 minuti “solo glutei”, conviene affidarsi a un professionista che abbia una visione tecnica, personalizzata ed etica dell’allenamento.
Perché la scienza del movimento non è fatta di estetica e viralità, ma di studio, biomeccanica, progressione e adattamento.

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